Report della Giornata di Presentazione del libro di Riccardo Romano “Psicoanalisi di Gruppo, teoria, tecnica clinica”

Il resoconto della giornata nel commento di Alessandra Astorina:

A proposito del futuro: “OLTRE IL SISTEMA SOLARE”

Vorrei iniziare questa recensione, dedicata alla giornata di presentazione del libro “Psicoanalisi di Gruppo” di Riccardo Romano, dalla fine e, più precisamente, dall’intervento conclusivo di Paola Camassa che ha ringraziato Riccardo Romano per aver riaperto un varco, sottolineando quanto ciò avesse a che fare con il futuro.

“Con una psicoanalisi più moderna e più complessa?”, aggiungo io. Nel 1986 Francesco Corrao scriveva: “E’ divenuta sempre più importante la pratica del piccolo gruppo a funzione analitica che probabilmente sostituirà in futuro la pratica dell’analisi individuale”. Più avanti aggiungeva: “In seno al piccolo gruppo a funzione analitica è possibile attivare, in modo sempre più complesso ed articolato, l’esperienza di soffrire il dolore”.

Secondo Corrao l’esperienza di gruppo apre agli agenti un orizzonte non limitato di eventi-fenomeni correlati al dolore quali: collisioni (traumi), perdite (mancanze), essere nell’abisso (sprofondare), precipitare nell’infinito (..della disperazione, ..dell’attesa della morte), uscire dall’orbita, delusione, incapacità di amare-odiare, colpa, esclusione, dolore altrui, solitudine, distacco, lutto.

Tali fenomeni-eventi correlati al dolore, secondo la mia ipotesi, non solo sono conoscibili nel gruppo e attraverso di esso, ma aprono alla possibilità di intravedere un varco “oltre il sistema solare” (analisi individuale) e, come ci sottolineava la Camassa, alla scoperta degli spazi di accoglimento e di riorganizzazione perenne del “noi”. Il gruppo, per sua natura, rappresenta il caos, lo smembramento, la disgregazione e, contemporaneamente, l’universo nel quale questo caos si riorganizza in sistemi solari sempre diversi e sempre più complessi. Gli eventi-fenomeni collegati al dolore, dunque, sono sempre gli stessi? Possiamo pensare che il primo uomo sulla Terra abbia provato l’esperienza di uscire dall’orbita? Di cadere nell’infinito? Di sprofondare? Di perdere parti del corpo, della mente, della salute, oggetti, persone care, beni, potere?

La risposta, secondo me, è sì.

Allora possiamo ipotizzare che nel gruppo risieda una memoria ancestrale, storica, biologia, etica di risposta riorganizzativa al caos? Cioè, il piccolo gruppo è una evocazione dell’universo nel quale, ad ogni evento-fenomeno, in risposta si attiva la memoria dell’universo stesso e ciò consente una riorganizzazione di quel campo in quel preciso momento Ad esempio: in una classe di seconda media, l’insegnante d’arte, assegna un compito da svolgere molto importante per gli alunni: disegnare lo spazio. Questi disegni saranno esposti in una mostra organizzata dalla scuola. L’insegnante consegna una scheda con delle vignette precise tra cui: la navicella spaziale, l’astronauta, qualche pianeta, la galassia ed infine il buco nero. Il gruppo- classe si angoscia, nessuno dei ragazzi, singolarmente, riesce a realizzare o rappresentare il buco nero. Pensano che sia un compito stupido, infantile, che non si può fare: il buco nero non si vede, non si tocca, non si conosce. I ragazzi, riunitisi in gruppo, decidono ad un certo punto di considerare come buco nero lo stesso cartoncino scuro sul quale avrebbero dovuto realizzare il disegno. Dunque il passaggio dall’angoscia individuale del singolo all’angoscia condivisa di gruppo ha permesso una trasformazione e, secondo la mia ipotesi, una riorganizzazione di quello stesso campo, in questo caso il buco nero, che è divenuto tollerabile e rappresentabile attraverso il gruppo-classe.

Possiamo dunque pensare che se, da un lato, nel gruppo risieda una memoria dell’universo del caos che si riorganizza, dall’altro abbiamo la necessità di conoscere e studiare un modello preciso che ci consenta di utilizzare il piccolo gruppo e la sue potenzialità come dispositivo di cura e di ricerca per il futuro. Oltre il sistema solare! A tal proposito il libro di Riccardo Romano rappresenta un’attenta ricerca scientifica trentennale e la sistematizzazione dei dati raccolti nel tempo, nonchè la creazione di un metodo atto a sondare e conoscere l’inconscio di gruppo. Alla sua lettura ci accorgiamo immediatamente che è un trattato, come anche specificato da Fernando Riolo. Un trattato che si propone di spiegare, passo dopo passo, la possibilità di utilizzare il dispositivo del gruppo psicoanalitico in ogni ambito sociale ed istituzionale (scuole, ospedali, aziende, industrie, ecc.).

Il libro è ricco di esempi clinici che ci consentono di seguire sin dall’inizio la nascita di un gruppo, innanzitutto nella mente dell’analista come raccontato da Nicola Nociforo, che ci ha reso partecipi della sua esperienza. Proseguendo la lettura ci imbattiamo in concetti nuovi ed originali di cui lo stesso autore ci parla, quali: i gruppi assenti, l’assunto di base di omertà, l’assunto di base di simulazione, l’utilizzo del mito nel gruppo, il sogno nel gruppo, che ci accompagnano come in un viaggio nello spazio, alla scoperta di nuovi pianeti e nuove galassie, attraverso una visione binoculare dell’essere umano.

Penso alla sonda spaziale Voyager, menzionata dalla Dott.ssa Camassa, che 39 anni fa è stata mandata nello spazio e che sembra da poco abbia superato il sistema solare. E’ forse questo il compito della psicoanalisi oggi? Lasciare un sistema solare conosciuto e sicuro e dirigersi verso il nuovo? Vorrei rispondere a questa domanda con le parole emozionanti di Aldo Costa che, nel suo intervento alla giornata, ci ha ricordato dei padri, delle madri, dei figli e dei fratelli. Ci ha ricondotti al passato, al gruppo di Palermo, a quella atmosfera brulicante di pensieri, di idee nuove, di passione e di amore per la psicoanalisi. Le sue parole mi hanno evocato ciò che Corrao augurava al Centro e alla pubblicazione scientifica. Nel 1979 scriveva: “Vorrei augurare alla rivista molte conferme, ma anche molte lotte; vorrei augurarle sopratutto uno sviluppo che le consenta di accogliere il maggior numero di pensieri possibile al fine di costruirsi come un’indimenticabile memoria del futuro”. Sono convinta che il volume di Riccardo Romano rappresenti quel futuro oltre il sistema solare che adesso siamo pronti a conoscere. Penso che tutti possiamo sentirci parte di quel passato, senza il quale non ci sarebbe un futuro.